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martedì 1 dicembre 2015

Cave lapicidinae, attento alla cava di pietre

Lettera aperta del sindaco di Cori (LT) ai suoi concittadini
“Cari cittadini, la Regione Lazio negli ultimi tempi ha autorizzato nei pressi del nostro territorio (Rocca Massima) e nel territorio di Cori l’apertura di due nuove cave; che, unite a quella già in attività da anni, fanno tre. Senza ascoltare il Comune di Cori, anzi, contrariamente al parere negativo del Comune di Cori. Ciò significa che tra qualche anno potremo trovarci un larghissimo buco aperto tra Cori e Giulianello con grave danno al paesaggio e all'aspetto complessivo del paese. Una larga ferita aperta nel cuore del nostro territorio, che francamente mi offende come sindaco e come cittadino, e che dovrebbe offendere tutti noi.  I sindaci passano, il tempo passa e le ferite restano. E resteranno per i nostri figli e per i nostri nipoti. E la ferita sarà ancora più sanguinante perché non l’abbiamo scelta, non l’abbiamo voluta, ci è stata inferta.
 La Regione Lazio non ci ha consultato e quando ci ha consultato non ha ascoltato il nostro parere. La responsabilità è tutta ed apertamente politica. Di conseguenza è la politica che deve trovare una soluzione a questa vicenda. Sono stati privilegiati gli interessi meschini dei soliti furbi. Proprio in un momento in cui la tutela del territorio, l’attenzione alle tipicità agricole e paesistiche, al patrimonio culturale, stava dando una risposta positiva al futuro del nostro paese, questa mannaia che cade dall'alto ci riporta indietro di anni. Nonostante i vertici globali sul clima e sul paesaggio, nonostante le teorie sulla sostenibilità, nonostante il messaggio ecumenico del Papa, l’unico politico rimasto a parlare al futuro dell’umanità, le strade che si percorrono sono sempre le stesse.
Questo è un appello, rivolto a tutti i cittadini di buona volontà, senza distinzione di appartenenza politica, che spesso non appare avere più senso; è un appello a tutti coloro che hanno a cuore il futuro del nostro paese e anche il futuro complessivo del territorio. A tutti coloro che amano la bellezza. Chiamiamoci, cerchiamoci, dialoghiamo e solidarizziamo. Se restiamo isolati saremo sconfitti. Tommaso Conti, sindaco e cittadino di Cori e Giulianello.”


Più chiaro di così non poteva essere e non possiamo che condividere. Aggiungiamo che c'è ancora un cammino lunghissimo che la nostra civiltà, tra le altre, dovrà fare per passare dalle parole ai fatti. Cos'è una cava? Nello specifico si tratta di fare un buco nel terreno, enorme, modificando il territorio, il paesaggio, già pesantemente gravato dalla presenza di una cava. Abbiamo visto che cosa produce un mostro del genere, in cambio di 9 posti di quello che chiamano "lavoro", ma che andrebbe definito per quello che è, ossia l'ennesimo saccheggio legalizzato perpetrato su un territorio ancora non affrancato dal pensiero ottocentesco di SFRUTTAMENTO delle risorse senza possibilità di rinnovo futuro, senza pensare neanche ai propri figli, ai quali lasciano un territorio devastato e magari l'attività stessa di devastazione. 
Non c'è bisogno di essere estremamente dotati di intelletto, per capire che una montagna dedita alla pastorizia e all'agricoltura rende 10 ma per 10000 anni e per 100000 persone, mentre la stessa montagna sbriciolata e venduta a pezzi rende 100, ma per 10 anni e 10 persone. I numeri sono molto approssimati è chiaro, ma per dirlo in altre parole, se la montagna scompare, lì dov'era rimarrà roccia arida che impiegherà cinquant'anni per rivedere vita. Cosa non è chiaro per vedere che ciò è sbagliato? 
Non è la bellezza del paesaggio a rischio, il nostro paesaggio è già distrutto. A qualcuno sarà capitato di parlare con chi a Cori non c'è mai stato, ma se questi è avvezzo a passare dalla pontina potrete facilmente indicargli Cori come il "paese vicino al buco", facilmente capirà dov'è. Vista da Latina Cori sembra più piccola di quella voragine visibile a decine di chilometri di distanza (e scommetto che almeno il centro storico ci entrerebbe comodo). Cori come tutta Italia inoltre non ha più lo smalto di un tempo. Come in molte parti d'Italia (specie al sud ovvio) il centro storico sta letteralmente crollando, è un ricettacolo di tragedie annunciate da decenni, si aspetta solo il disastro perché non ci sono fondi, o comunque non siamo stati in grado di prenderne una parte dall'Europa che spesso si trova col resto. Certo molto è stato fatto, ma ancora dobbiamo riparare a decenni di palazzinari, per non parlare dei rifiuti...questo mondo è già al termine, possiamo solo rallentare la caduta, lo schianto nel baratro che ci stiamo scavando giorno per giorno, ma l'importante è divertirsi giusto?
Quindi ciò che ci deve interessare è frenare il danno esistente e tuttora in estensione. Il vero danno è quello di tutti i giorni, pezzi di territorio che vengono distrutti PER SEMPRE e irrimediabilmente, ciò che fanno è in vero un danno triplo. Il primo danno è quello diretto, ed è sotto gli occhi di mezza provincia, dai monti al mare si vede quella frana artificiale, quello squarcio vergognoso nel ventre di madre terra.
Tale danno include le strade con asfalto divelto, vengono deformate e dissestate dai camion, enormi e con tonnellate di carico. Quello stesso carico di finissima polvere calcarea è come un manto che si estende tutt'intorno sugli ulivi e la terra che circondano la cava e che corrono lungo le strade percorse da quegli stessi camion.
Il danno collaterale è la connivenza di interessi "economici" con le istituzioni, quando si incontrano mentalità predatorie, fantasie lanzichenecche e in poche parole chi approfitta non è fondamentalmente capace o non è facilitato nel poter scegliere avvedutamente la soluzione migliore per lavorare, che non può essere chiaramente quella in foto. 
Infine c'è il danno presente e futuro, la modifica irreparabile del microclima e dell'assetto idrogeologico, in una penisola come l'Italia significa anticipare di milioni di anni quella che dovrebbe essere l'erosione naturale di prezioso territorio, con la conseguente distruzione degli ecosistemi rimasti e già provati.

Fin quando sopravviverà questa mentalità arcaica di fare affari e non si intraprenderà veramente un cammino di economia e società più avveduta (non serve illuminata), avremo sempre a che fare con predatori e distruttori. Il bene comune è poco apprezzato in Italia, questo perché ne avevamo moltissimo sia naturalistico che culturale, oggi entrambi questi sottoinsiemi di un sommo bene comune sono minacciati di estinzione. Siamo una civiltà fallita e non abbiamo assolutamente nulla da pretendere di voler insegnare ad altre civiltà, non siamo migliori né peggiori, siamo umani e come tante altre razze animali, sebbene alcuni se ne siano resi conto per peculiare coscienza della specie, ci siamo incamminati da tempo verso la nostra auto-estinzione. Ma siamo umani e siamo capaci di entrambi gli estremi, mi piace pensare che per ogni distruttore c'è chi tutela il territorio, per ogni corrotto c'è chi ha la coscienza pulita, per ogni egoista c'è chi guarda alla vita con vero amore per essa. Nel gioco delle parti, ognuno sceglierà chi voler incarnare.

sabato 4 aprile 2015

ECOMUSEO (prima parte)

Proviamo a riassumere con una serie di fotografie accompagnate da brevi testi, il lavoro svolto in collaborazione dalle associazioni di volontariato ONLUS Argonauti Naucrates, a partire dal dicembre del 2012 fino all'inizio di questo 2015.

Le due associazioni collaborano allo stesso progetto di volontariato, mai finanziato da fondi pubblici, consistente nel restauro ambientale di un'area verde abbandonata al centro del paese di Cori (LT),  adiacente al museo della città e del territorio, esprimendo così gratuitamente la tutela del patrimonio ambientale pubblico. Quest'area sita in via minzoni, viene qui denominata ECOMUSEO: ogni cosa che esiste ha diritto ad avere un nome, perché di ciò che esiste dobbiamo poter parlare. 

Così si presentava l'area all'inizio dei nostri lavori:
Vista da Sud-Est verso Nord-Ovest, l'area è visibilmente scoscesa, completamente ricoperta da ogni sorta di infestante. Per capire cosa si celava dietro e sotto la cortina di rovi, vitalba, graminacee e cespugli, abbiamo dovuto operare una lunga e paziente pulizia che ci portasse a livello del terreno. In alto a destra nella foto sopra, sono visibili l'antica torre d'avvistamento e il livello della strada, quest ultimo segnalato dal corrimano del soprastante marciapiede. 

Con sommo dispiacere ma con poca sorpresa, abbiamo tirato fuori e portato nell'isola ecologica chili e chili di immondizia di ogni tipo: in foto un pacchetto ancora imballato di riviste, chili di stracci di vestiti, pezzi di vasi di plastica, secchi e bidoni di ferro arrugginiti.                         

Abbiamo persino disseppellito materiali come questo cartello, usato probabilmente nelle elezioni degli anni '90. Eccessive quantità di materiali edili di risulta ricoprono la parte superiore dell'area, tanto da averne modificato la pendenza. Tale discarica di detriti urbani è probabilmente risalente ai tempi dei lavori di ampliamento della strada soprastante l'ecomuseo. Quest'area situata nel cure del paese, in buona sostanza, per (almeno) più di 10 anni è rimasta abbandonata e adibita a discarica abusiva occasionale. La causa è ovviamente la primitività e l'incuria di alcuni abitanti che abbandonano ancora rifiuti per strada e nei fossi. L'evoluzione tecnologica che ci fa sembrare entrati nel futuro, in realtà, nasconde un vuoto immenso di cultura televisiva, di ignoranza del bene comune e indolenza. Non rimane che dare il buon esempio in pochi, rivolgendosi ai pochi che possono seguirlo.
L'obiettivo delle due associazioni a breve termine è stato la riqualifica dell'area, a medio termine il restauro ambientale, con la piantumazione di nuove specie arboree. Infine a lungo termine si potrà utilizzare l'area a fini didattici, una volta predisposta. In una futura fase di divulgazione, l'Ecomuseo vuole essere inteso come aula naturale per lezioni sulla vita nelle sue infinite forme e per trasmettere ai più giovani e a tutti l'importanza della valorizzazione di un equilibrato ambiente naturale in cui poter vivere.

Nel ripulire l'area dalle infestanti, abbiamo conservato specie particolari, non invasive, segnalandone la presenza come nelle foto seguenti, in modo da permetterne e avvantaggiarne la riproduzione, prima di passare ad inserire le nuove essenze.


Nei cinque mesi da marzo a luglio 2013 è stata portata a termine la prima fase progettuale ed esplorativa ed è iniziata la fase di restauro vera e propria, sono state così messe a dimora diverse essenze (querce, lecci, sughere). Inoltre molte essenze di diverse specie già presenti, sono state preservate dai tagli e si stanno  auto-selezionando in base a posizione e vigore, con potature adeguate.