Benvenuta
GDO, addio economia locale
di
Antonio Todini
La suprema GDO, la
Grande Distribuzione Organizzata che vide i suoi natali nel primo
ottocento dello scorso millennio, con i suoi TIR carichi di
imballaggi e memorie di alimenti, è finalmente installata nel nostro
sistema economico locale nella sua forma contemporanea: la catena di
supermercati. Tale fatto risponde perfettamente alle esigenze indotte
dalle impressioni di risparmio derivanti dal fare la spesa in un
grande magazzino. Di per sé l'idea è buona, quella di un luogo dove
trovare ogni sorta di derrata alimentare. Ma di fatti il mercato è
esattamente questo: una piazza, un incrocio, una stazione lungo una
via. Se conosciamo la storia sapremo che per l'economia la via di
comunicazione è fondamentale: dalla transumanza dei tratturi al
traffico pesante delle autostrade. Sappiamo anche che nessun centro
abitato, salvo casi assai rari, può essere isolato, senza vie di
comunicazione. Tutte le grandi civiltà stanziali che oggi
conosciamo, dalla Mesopotamia di 5000 anni fa, fino ai giorni nostri , si
reggono e si sono sviluppate grazie alle vie di comunicazione.
L'idea di un moderno
Marco Polo, quale mercante viaggiatore, mi sembra si possa accostare
ad un autotrasportatore intercontinentale che col suo camion
attraversa l'Eurasia; con la differenza che le poche stazioni di
sosta sulla via della seta del gruppo di esploratori, fatte di
ristori e di piccoli, medi e grandi centri abitati, oggi si snodino
sotto forma di autogrill e motel come non luoghi da vivere in
solitudine, o in due per darsi il cambio alla guida.
L'economia negli ultimi
millenni si è sviluppata e retta su poche fasi fondamentali:
produzione-(trasformazione e conservazione)-distribuzione-utilizzo-smaltimento.
Oggi queste fasi ci sono ancora, ma cosa vuol dire crisi economica
rispetto a questo schema semplice e basilare? Significa che questa
catena di relazioni assai più complessa di come qui l'abbiamo schematizzata, si è in qualche modo
inceppata e in misura sempre crescente. Il vizio per di più
nord-occidentale del “vivere al di sopra delle proprie possibilità”
ed incentivare con le proprie risorse gli stessi circuiti economici
che ci depauperano, succhiandoci via risorse e vita senza esagerare,
ci ha portato oggi a vivere quartieri-dormitorio dove le botteghe
hanno chiuso e chiuderanno ancora, in città dove si sta ammassati
dentro quattro mura mentre montagne di plastica si accalcano nei
fossi e ai lati delle strade.
Ci piace maturare un
interesse sempre maggiore dai nostri conti bancari, ma non ci piace
vedere da cosa vengano i proventi dell'usura legale, come il traffico
di armi ed ogni tipo di cose immonde, questo perché un paio di
banconote ci coprono gli occhi. Allo stesso modo ci piace (?)
manovrare un carrello tra scaffali di razioni alimentari, segno
lampante della nostra dipendenza dall'esterno in un'economia di
guerra. Ed è proprio dalla guerra che si parte per la ricostruzione,
attraverso la disgregazione fisica e morale di una comunità,
provocata in tempi relativamente recenti dall'invasione americana nel
nostro territorio, che ad esempio ricordiamo ci ha tolto la
produzione della nostra canapa, in favore dell'importazione del loro
cotone. Contando anche le 107 basi americane attualmente presenti sul
nostro territorio viene da chiedersi: chi è che comanda in Italia?
Mentre ci avveleniamo
con prodotti scadenti che invece di nutrirci, avvelenano noi e i
nostri familiari, le multinazionali dell'aspartame e degli OGM ci
ingrassano come polli di batteria, circa 3.200 famiglie che nella
sola Cori versano alla GDO mensilmente all'incirca 1 MILIONE di
Euro!!! Questi gli incassi mensili dei supermercati dei dintorni
secondo una stima per difetto effettuata su dati ISTAT. Oltre
a rovinarci la salute (scelta legittima se ricade sul singolo
cosciente...), fare la spesa nel supermercato ci rovina il resto
della vita sociale perché uccide letteralmente l'economia locale:
nel raggio di alcuni chilometri da un centro commerciale alimentari e
botteghe che prima campicchiavano hanno chiuso e chiuderanno ancora,
dato che ogni anno 12 MILIONI di Euro se ne vanno letteralmente dal
circuito territoriale esportati dai supermercati fuori dal paese e
per gran parte fuori dall'Italia.
Se la popolazione attiva
del luogo non si riconosce come comunità e non rinnova un sano senso
di appartenenza l'attuale disastro diventerà apocalissi sociale e
tutto ciò è avvertibile oramai a livelli allarmanti. Questa malsana
rapina provoca e aumenta il senso di infinita tristezza che si può
leggere negli occhi di una cassiera sottopagata, anche se dotata di
sorriso-aziendale. L'evidenza della pochezza di questo sistema
distributivo-distruttivo, sta nei capi chini dei “consumatori” in
ricezione alla cassa delle loro razioni di cibo in scatola e in PET
da riporre nelle buste che magari però sono biodegradabili...a
differenza del loro contenuto. Quel mercato rionale un tempo cuore
pulsante della vita sociale di un Paese, dove si poteva restare ore a
parlare con un mercante o un bottegaio oggi è trasformato in code
alla cassa, così come tutta la nostra vita rischia ogni giorno di
più di essere solo una coda taciturna e tendenzialmente antisociale:
al casello, alle poste, alla banca, ai seggi...eppure basterebbe tanto poco
buon senso: un minimo di auto produzione; consumi dignitosi senza
sprechi, meglio se locali; mettere i soldi in banche dove non si
investe in cose che non faremmo noi stessi come staccare le braccia
di bambini con le mine antiuomo; amore per la terra e per la vita.
Non è la ricetta per la felicità, ma di sicuro si starebbe più
sereni con quel briciolo di umiltà che porterebbe la coscienza anche
di questi meccanismi. Buona fine...e buon principio.