LA GOCCIA SCAVA LA ROCCIA

PER DONARE IL TUO 5 X 1000
AD ARGONAUTI ONLUS INDICA SULLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI NEL CAMPO APPOSITO IL CODICE FISCALE DELL'ASSOCIAZIONE: 91120830590

venerdì 11 ottobre 2013

12 OTTOBRE: UNA GIORNATA DI MOBILITAZIONE - PER IL POPOLO DELL’ACQUA

Sabato 12 ottobre il popolo dell’acqua torna a mobilitarsi in tutto il Paese.
Nell'anniversario della “scoperta” dell'America, quando l'America Latina ricorda il suo “ultimo giorno di libertà”, saremo attivi nei territori attraverso una giornata di mobilitazioni diffuse contro i “nuovi colonialismi”, determinati dalla privatizzazione dei beni comuni e dalla mercificazione dei territori e della vita delle persone.
E’ questa una tappa di un percorso che, avviato dall’assemblea nazionale nel novembre 2012 del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, persegue la costruzione di intrecci fra i diversi movimenti e realtà territoriali in lotta per la riappropriazione sociale dei beni comuni e che ha visto nel campeggio all’Amiata del luglio scorso un momento fondamentale di elaborazione e condivisione.

Parteciperemo anche alla manifestazione nazionale promossa dall’appello “La Via Maestra”, promosso da Rodotà, Landini, don Ciotti e altri, con l’obiettivo di opporsi ai tentativi del governo delle “larghe intese” di riformare la Costituzione in senso autoritario e di provare a costruire una coalizione sociale per l’affermazione della democrazia e per la piena applicazione della Carta Costituzionale sui temi del lavoro, dei diritti, dei beni comuni e della pace.

Crediamo che la battaglia in corso in tutti i territori e a livello nazionale per la piena attuazione dell’esito della straordinaria vittoria referendaria del giugno 2011 sull’acqua debba portare il proprio importantissimo contributo di contenuti e di pratiche sia per la costruzione di una forte alleanza dei movimenti per i beni comuni, sia per l’apertura di uno spazio pubblico di rivendicazione di una nuova democrazia.

Contro ogni tentativo - già annunciato a più riprese dal governo Letta, in accordo con i diktat monetaristi dell’Unione Europea - di aprire una nuova fase di privatizzazioni e di mettere una pietra tombale sull’esito referendario sull’acqua, e contro ogni tentativo di ridurre drasticamente gli spazi di democrazia, attraverso svolte autoritarie dentro le istituzioni e la criminalizzazione dei movimenti nella società.

Perché, oggi più che mai, si scrive acqua e si legge democrazia.



Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua

mercoledì 12 giugno 2013

I referendum per l'acqua pubblica compiono 2 anni


COMUNICATO STAMPA

I referendum per l'acqua pubblica compiono 2 anni, 13 Giugno 2013 ore 10.00 Piazza del Popolo Latina i comitati tornano in piazza. Il 12 e il 13 di Giugno di due anni fa, il percorso verso la ripubblicizzazione del Servizio Idrico del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, raggiunse lo straordinario risultato della vittoria referendaria con oltre 26 milioni di Italiani che scelsero per l'acqua pubblica e la difesa dei servizi pubblici locali. Da allora, nonostante i tribunali e la Corte Costituzionale
continuino a dare ragione ai comitati, nonostante la campagna di Obbedienza Civile abbia portato migliaia di cittadini ad autoridursi la bolletta rispettando il voto di due anni fa, la politica nazionale è stata sorda alle richieste dei cittadini. Si sono succeduti tre governi e nessuno di questi ha messo all'ordine del giorno un programma di ripubblicizzazione del servizio idrico, come gli italiani hanno chiesto con forza il 12 e il 13 Giugno del 2011.

Anche a Latina, 54.763 cittadini pari al 96,74% degli aventi diritto al voto, scelsero per l'Acqua Bene Comune, cioè, per la gestione pubblica del servizio idrico integrato e la cancellazione della quota del 7% dalla bolletta dell'acqua.

Nell'ATO Territoriale 4 – Lazio Meridionale – il S.I.I. - Servizio Idrico Integrato è gestito da Acqualatina  S.p.a.  che  ha  continuato  ad  inserire  indebitamente  in  bolletta  la remunerazione del capitale investito, esercitando così appropriazione indebita di somme di denaro non più dovute a seguito del voto referendario. A questa illegalità, migliaia di utenti si sono ribellati, inviando ad Acqualatina S.p.a. richiesta di rimborso e procedendo all'autoriduzione della bolletta della quota non dovuta del 7%.
Il coordinamento locale del  Forum Italiano dei Movimenti per l'acqua, il  Forum Pontino  dei  diritti  e  beni  comuni,  Associazioni,  Partiti  e  Sindacati  (che  hanno sottoscritto la proposta di delibera di iniziativa popolare e la richiesta delle necessarie modifiche  dello  Statuto  comunale  per  avviare,  anche  a  Latina,  il  processo  di ripubblicizzazione del S.I.I, depositate agli atti del consiglio comunale di Latina in data 01-08-2012) sollecitano il sindaco a discuterle in consiglio comunale.
La mobilitazione del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua non si è mai fermata e, a due anni dalla vittoria referendaria, rilancia in Italia la  CAMPAGNA DI OBBEDIENZA CIVILE per chiedere la ripubblicizzazione del Servizio Idrico e la piena attuazione dei referendum, per l'ACQUA BENE COMUNE.

Latina 11/06/2013

Il coordinamento Forum Pontino dei Diritti e Beni Comuni

- Forum Italiano dei Movimenti per l'acqua

www.forumbenicomuni.it    www.acquabenecomune.org

mercoledì 5 giugno 2013

FISHEAD 2012

Fishead: Un interessante Documentario sullo stato psico sociale della nostra civilizzazione e della nostra cultura.



Ecco il link alla versione sottotitolata:
http://www.youtube.com/channel/UC6vLTkSRvNn5LxAU2V4QA6A

mercoledì 29 maggio 2013

Video Rimunicipalizzazione: il ritorno dell'acqua nelle nostre mani

Un innovativo video documentario sulle città che hanno riguadagnato il controllo pubblico dell'acqua sottraendolo alla privatizzazione. La rimunicipalizzazione dell'acqua funziona!



giovedì 16 maggio 2013

Il filo che unisce sfruttamento energetico ed idrico

Dalla Newsletter Acquabenecomune


Il filo che unisce sfruttamento energetico ed idrico 


Si è svolta a Roma dal 28 al 30 Aprile la tre giorni di Stopenel  (www.stopenel.org) che ha visto la partecipazione  di comitati, movimenti, associazioni e comunità che si battono contro il modello energetico dell'ENEL fatto di carbone e finte rinnovabili in Europa e grandi dighe in America Latina. 
Presenti  tutta la rete no Coke, il  coordinamento SOS Geotermia dell'Amiata, rappresentanti delle associazioni ambientaliste dell'Est Europa,  dove la società italiana investe anche nel nucleare,  e delle comunità cilene, colombiane e guatemalteche che lottano contro la costruzione di grandi dighe nei loro territori. 
Ma qual'è il filo rosso che lega questi impianti diversi e lontani fra loro?


Innanzitutto l'ENEL che, con l'acquisto di Endesa nel 2009, eredita il pesante bagaglio postcoloniale della società spagnola inclusi in progetti in Cile dove, grazie alle leggi varate da Pinochet ancora oggi in vigore,  possiede la quasi totalità dei diritti di sfruttamento dei fiumi del paese.  
Poi il protocollo di Kyoto. L'approccio finanziario e mercatista alla lotta al cambiamento climatico non solo non  serve all'obiettivo preposto ma sta aggiungendo devastazioni a devastazioni.  Infatti secondo il  "Meccanismo di Sviluppo Pulito"  ogni diga costruita nei paesi meno industrializzati da diritto a dei crediti di emissioni.  E' possibile "spendere" questi crediti per compensare  le emissioni delle centrali di Civitavecchia, Brindisi o La Spezia senza essere obbligati alle riduzioni previste. Non solo. Costruendo un numero elevato di dighe in America Latina si ottiene un esubero di certificati di emissioni i che possono essere venduti sul mercato di crediti di carbonio ed utilizzati per strutturare prodotti finanziari derivati.  
Inoltre questi progetti  rispondono  tutti al  medesimo obsoleto e ormai irricevibile modello economico.  In America Latina si chiama locomotiva minerario-energetica,  le comunità vengono sradicate dalle proprie terre e private dell'accesso all'acqua per produrre energia destinata all'estrazione minerararia che continua ad alimentare economie interamente basate sull'esportazione di materie prime. Da noi si tratta di quel modello industriale ci ha sprofondato nella crisi economica e ambientale che stiamo vivendo, a causa della sua incapacità di riconvertirsi.  Quel carbone colpevole di un morto al giorno. Quel cemento che ogni anno erode migliaia di ettari di terra fertile. Quella infrastrutture inutili che servono solo a chi le promuove con tanto affanno.  
Infine hanno in comune il fatto di essere imposte e rifiutate dalle comunità locali che  stanno articolando la resistenza a questi progetti per riprendersi il diritto all'acqua, alla terra, ad un'aria respirabile, ad un lavoro che valorizzi le vocazioni del territorio invece di distruggerle.  

Lo slogan positivo scelto dalla rete  di Stop ENEL è: "Per un nuovo modello energetico". Il modo di generare, distribuire e consumare energia è intimamente legato al modello economico e sociale. Un nuovo modello energetico necessita una trasformazione profonda dalla gestione delle risorse e del territorio.  Per questo nella sua assemblea la rete ha deciso di camminare sempre più vicino agli altri movimenti.

martedì 2 aprile 2013

La Cina sceglie Ubuntu Linux per spingere innovazione e sviluppo


http://www.repubblica.it/tecnologia/2013/03/26/news/linux_ubuntu_cina-55388290/


Il governo di Pechino ha scelto la popolare distribuzione open source della Canonical come architettura di riferimento per i sistemi operativi nel paese. Un sistema operativo "di Stato", con relativo ecosistema software, per perseguire il disegno di un'autonomia tecnologica in un paese da 1,3 miliardi di persone dove il 90 per cento usa Microsoft Windowsdi FRANCESCO CACCAVELLA


LA CINA è pronta a finanziare un suo sistema operativo "di Stato" che sarà basato su Linux Ubuntu. È un ultimo tassello alla sua autarchia informatica, in una nazione in cui i principali siti Web non si chiamano Google o Facebook, ma Baidu e Weibo, e che però continua per il 90 per cento a funzionare grazie a Microsoft Windows. Canonical, il principale sponsor e finanziatore del progetto Ubuntu, ha annunciato nei giorni scorsi di aver raggiunto un accordo con il Ministero cinese per l'industria e la tecnologia dell'informazione (MIIT). In base a questo accordo, Ubuntu diventerà il software di riferimento per i "sistemi operativi cinesi", di cui una prima versione stabile si vedrà in aprile.  Kylin, questo il nome del sistema, aspira ad essere non una semplice localizzazione di meteo, mappe, calendari, ma un vero e proprio ecosistema informatico per il pubblico della grande potenza asiatica. In futuro si prevede che i servizi per scaricare musica, i software, le applicazioni per lo shopping online saranno anch'essi cinesi.

La decisione non giunge di sorpresa. La Cina è da sempre un terreno fertile per le tecnologie rilasciate con licenza open source, di cui Linux è l'esempio più noto e diffuso. Questo tipo di licenza permette di controllare il linguaggio di programmazione con cui è costruito il software, modificarlo, riadattarlo e, soprattutto, analizzarne l'esatto funzionamento, valutandone affidabilità e sicurezza. Ma la sicurezza di avere un sistema trasparente non è il motivo principale che spinge il governo cinese ad affidarsi a tecnologie a codice libero. Non lo è certamente la possibilità che un sistema creato direttamente dal governo possa rappresentare solo un modo per rendere ancor più stringente il controllo sulle operazioni informatiche dei propri cittadini, replicando in scala maggiore ciò che accade con Skype. Anche perché la stessa natura aperta del software è il principale limite a questa possibilità: le modifiche sarebbero facilmente rintracciabili.

Altrettanto fuorvianti sono le motivazioni ideologiche, anche perché già sperimentate in passato. A partire dal 2007 il governo cinese ha sponsorizzato lo sviluppo di Red Flag Linux, un Linux che avrebbe dovuto rappresentare il simbolo dell'indipendenza tecnologica da Microsoft Windows. Ma è un'iniziativa che, a parte un'imitazione da parte della Corea del Nord (che sviluppò un equivalente "Red Star OS"), ha avuto scarsissima fortuna. 

Alla base di questa scelta in realtà ci sono strategie di innovazione e sviluppo, di cui il software open source rappresenta il motore principale. Nel piano quinquennale inaugurato nel 2011 è ben chiaro che la Cina non ci sta ad essere vista solo come la forza lavoro che stringe le viti degli smartphone che vengono progettati in California e venduti in Europa.  Dal punto di vista dell'hardware, la Cina ha saputo affiancare ad un'industria basata principalmente sulla manifattura e l'assemblaggio anche aziende leader di settore: Lenovo è il produttore di PC a maggior crescita di mercato dell'ultimo anno e Huawei comincia a far capolino nelle tabelle degli analisi accanto ad Apple, Samsung e Nokia.

Ciò che manca sono invece delle solide fondamenta per lo sviluppo di servizi software, e non stiamo parlando solo di software per Pc. Ubuntu, con il mercato dei desktop in sofferenza, sta piano piano ampliando il proprio ecosistema verso i servizi mobile e di cloud computing, servizi su cui si concentrano le maggiori innovazioni e le maggiori aspettative del panorama software moderno. Ubuntu ha sia in sviluppo versioni per Tablet e Smartphone del proprio sistema, sia una completa offerta di servizi cloud. Tutto basato su codice aperto, tutto disponibile per essere usato come leva per creare nuovi servizi e fare innovazione. E la Cina, il primo mercato mobile del mondo e il più attento al cloud, è sicuramente il luogo più adatto per farlo.

giovedì 28 marzo 2013

La vita senza contanti a Cipro


http://www.ilpost.it/2013/03/25/cipro-senza-contanti/

La vita senza
      contanti a Cipro
— MONDO

La vita senza contanti a Cipro

Banche chiuse da una settimana, code ai bancomat, negozi che non accettano più le carte e tetto sui prelevamenti: storie da un posto in difficoltà

25 marzo 2013
Uno dei molti problemi provocati dalla crisi di Cipro negli ultimi giorni è la mancanza di denaro contante. Negli ultimi giorni, infatti, si era discussa e sembrava molto concreta l’ipotesi che tutti i conti correnti del paese potessero essere interessati da un prelievo forzoso. L’ipotesi è stata bocciata dal Parlamento ma le banche sono chiuse da lunedì 18 marzo, per evitare una “corsa agli sportelli”, ed è stata molto limitata la quantità di denaro che si può prelevare dai bancomat. L’eventuale riapertura sarà discussa nelle prossime ore, dopo l’approvazione del piano di salvataggio concordato con i ministri delle finanze dell’Eurogruppo. Piano di salvataggio che peraltro prevede la chiusura della seconda banca più importante del paese e grossi perdite per i correntisti più ricchi.
La decisione di chiudere le banche e limitare la quantità di contanti che si possono ritirare sta facendo danni all’economia del paese e alla vita delle persone. Per prima cosa non tutti hanno una carta di credito o un bancomat: molti, sopratutto i più anziani, possiedono solo un libretto degli assegni e non possono accedere in alcun modo al loro denaro. James Angelos racconta sul Wall Street Journal, per esempio, la storia di una signora anziana che aveva proposto al proprietario di un alimentari di pagare la spesa con un assegno di 170 euro e ricevere il resto in contanti, ma il negoziante aveva rifiutato e la signora era dovuta andarsene senza comprare niente.
La situazione si è aggravata giovedì mattina, quando in poco tempo gli sportelli bancomat sono rimasti senza contanti e le persone hanno dovuto fare lunghe file spostandosi da uno sportello all’altro nella speranza di poter ritirare dei soldi. Domenica 24 marzo la Banca di Cipro ha portato a 120 euro al giorno la cifra massima che si può ritirare dagli sportelli. La banca Laiki, che secondo il piano di salvataggio verrà chiusa, ha imposto un limite massimo di 100 euro. Le persone stanno limitando gli acquisti allo stretto indispensabile, soprattutto al cibo, e passano ore in coda agli sportelli. «Siamo qui perché domani potrebbe non esserci niente da ritirare», ha detto al Wall Street Journal Giorgos Kyriakides, proprietario di un’azienda che importa cosmetici, mentre aspettava di ritirare il suo denaro da un bancomat della Laiki. Petros Prokopiou, 34 anni e due figli, ha detto di aver ritirato in alcuni giorni 500 euro, il massimo disponibile, perché teme che i negozi non accettino più la sua carta di credito.
Dalla fine della scorsa settimana, infatti, i negozianti hanno iniziato a rifiutare gli assegni e i pagamenti con carta di credito e bancomat, soprattutto di conti delle banche più in difficoltà. Venerdì mattina molti bar e negozi di alimentari avevano attaccato alla vetrina foglietti con scritto «solo contanti». Elena Becatoros racconta per Associated Press che la proprietaria di un minimarket, Jenny Dobreva, ha dovuto mandar via un cliente che voleva comprare un accendino perché non aveva abbastanza resto in contanti da dargli. «Le banche sono chiuse e sembriamo zombie», ha detto il fiorista Stelios Stylianou. «Non possiamo fare ordini, rendere i depositi o pagare i nostri fornitori. Devono riaprirle, sta causando un enorme problema».
Una grossa difficoltà che i negozianti devono affrontare è l’impossibilità di fare e ordini e pagare i loro fornitori, a meno di racimolare con difficoltà le somme in contanti. Molti hanno dovuto ridimensionare le loro ordinazioni perché non erano in grado di pagarle. Kyriacos Papayiannis, proprietario di un supermercato a gestione familiare, sta ordinando meno cose per conservare i contanti, e giovedì ha pagato 400 euro in contanti per una consegna di cibo per bambini, una quantità molto più esigua di quella che richiede di solito. Andreas Yianni è il proprietario di un stazione di servizio nella capitale Nicosia. Entro mercoledì deve pagare 22 mila euro, di cui un terzo in contanti, per ottenere una fornitura di benzina e tenere aperto il distributore. Per questo chiede ai suoi clienti di essere pagato in contanti. Altri commercianti hanno fatto ricorso al baratto per pagare i debiti, come Sakis Siakopoulos, proprietario di un chiosco e un ristorante, che ha offerto a un fornitore di carni greco un carico di formaggio cipriota anziché il solito bonifico. «Se ti do un assegno chi lo sa se domani ci sono ancora e non sono in bancarotta».
La chiusura delle banche ha causato difficoltà anche nel commercio con l’estero, dove i negozianti non conoscono bene la situazione del paese e sono meno disponibili ad andare incontro alle difficoltà dei ciprioti. Il capo della Camera di commercio di Cipro, Fidias Pilidis, ha confermato che «il grosso problema è all’estero, dove gli uomini d’affari e i fornitori non hanno la stessa tolleranza che qui per il ritardo dei pagamenti». Sergey Vyurkov, direttore della società Elysion che si occupa di commercio marittimo, ha detto che «per i nostri affari è un momento davvero difficile. Le nostre navi viaggiano in tutto il mondo, le tariffe portuali devono essere pagate altrimenti le navi non ricevono i servizi e alle volte non possono lasciare il porto. E dobbiamo occuparci delle navi ogni giorno, non possiamo fermarci perché è un mercato mondiale e non possiamo permetterci di perdere la nostra reputazione»·
Foto: Un mercato a Nicosia, 23 marzo 2013 (AP Photo/Petros Gian

martedì 12 marzo 2013

UN MILIONE DI FIRME PER FERMARE LA PRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA, MANCA ANCORA LA TUA


Da: http://www.acquapubblica.eu/?utm_source=SendBlaster&utm_medium=email&utm_term=ICE%Acqua%pubblica&utm_content=Firma%per%l%27acqua%pubblica%in%Europa&utm_campaign=ICE%Acqua%pubblica
UN MILIONE DI FIRME PER FERMARE LA PRIVATIZZAZIONE DELL'ACQUA, MANCA ANCORA LA TUA

WaterRight  logo-bluL'iniziativa dei Cittadini Europei per chiedere alla Commissione Europea che le risorse idriche siano messe fuori dal mercato ed al riparo dai tentativi di privatizzazione ha superato il milione di firme.
È un risultato importante per contrastare la privatizzazione del servizio idrico voluta dalla Commissione Europea e rafforzare la battaglia per l'applicazione del  referendum sull'acqua in Italia.
Per centrare l'obiettivo è necessario che in almeno 7 paesi si raggiunga la quota minima stabilita.
In Italia mancano 40 mila firme per raggiungere il quorum e 100 mila per contribuire a raddoppiare e raggiungere i due milioni complessivi entro il 22 marzo, giornata mondiale dell'acqua.
5 piccole azioni in 5 minuti per partecipare anche tu all'iniziativa:
1) Se non hai ancora firmato fallo al più presto cliccando qui
2) Se hai firmato convinci almeno altre due persone a farlo
3) Condividi sui social network la pagina www.acquapubblica.eu
4) Scarica qui la cover dell'ICE ed esponila sul tuo profilo facebook fino al 22 marzo
Aiutaci a trasformare l'acqua in un bene comune in tutta Europa.

sabato 2 febbraio 2013

Acqua: Consiglio di Stato boccia le bollette, aumenti non coerenti con referendum

La Repubblica, Venerdì 1 Febbraio 2013

Saranno restituite ai cittadini le cifre legate ai maggiori esborsi pagati tra il 21 luglio e il 31 dicembre 2011.
Acqua: Consiglio di Stato boccia le bollette, aumenti non coerenti con referendum
Forum dei movimenti per l'acqua: "Abbiamo vinto"

ROMA - Le bollette dell'acqua "non sono coerenti" col quadro normativo uscito dal referendum del 12-13 giugno 2011. Lo dice in Consiglio di Stato in un parere reso all'Authority per l'energia, giudicando "in contrasto" col referendum il criterio della "adeguatezza della remunerazione dell'investimento" per determinare la tariffa. L'Authority dovrà tenerne conto per la adozione del nuovo sistema.

Il Consiglio di Stato ricorda in sostanza che il 7% di aumento sulle bollette, legato alla remunerazione del capitale investito, è stato applicato dal 21 luglio 2011 al 31 dicembre 2011 nonostante l'esito referendario.

Toccherà ora all'Autorità per l'energia decidere il criterio per rimborsare ai cittadini le cifre in più pagate e, a quanto pare, è probabile che invece del conguaglio, ci sarà una restituzione secca. "Abbiamo vinto, non si possono fare profitti sull'acqua - afferma il Forum dei movimenti per l'acqua commentando il parere -. Questa volta a darci ragione è il parere del Consiglio di Stato sulla tariffa: le bollette che i gestori consegnano ai cittadini sono illegittimamente gonfiate e non rispettano la volontà referendaria espressa da 27 milioni di persone". L'Autorità per l'energia "incaricata di formulare la nuova tariffa all'indomani del Referendum, aveva chiesto un parere al Consiglio di Stato sulla remunerazione del capitale investito, ovvero il profitto garantito del 7% presente nelle bollette". La risposta ha confermato "quanto precedentemente affermato dalla Corte Costituzionale: dal 21 luglio 2011, data di proclamazione della vittoria referendaria, la remunerazione del capitale investito doveva cessare di essere calcolata in bolletta". Per questo "quello che i cittadini hanno pagato è illegittimo e i soggetti gestori non hanno più alibi: devono ricalibrare le bollette". Quanto scritto dal Consiglio di Stato - osserva ancora il Forum - "delegittima le scelte che hanno guidato l'Authority nella formulazione della nuova tariffa, emessa un mese fa, in cui la remunerazione del capitale investito viene reintrodotta sotto mentite spoglie".

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Anche a Cori (LT), la nostra associazione, costituita parte del Comitato per l'Acqua Pubblica sul nostro territorio, dall'aprile del 2012 Si è battuta per il rispetto dell'esito referendario. Abbiamo compilato oltre 160 domande di Rimborso da parte degli utenti nei confronti di Acqualatina, inviate per conoscenza anche all'ATO 4 e al comune stesso.
Nell'indifferenza di chi si è già arreso e pensava fosse una battaglia persa;
nella paura di chi non ha mai decurtato le bollette per non vedersi arrivare chissà quale cartella esattoriale (tipo paura della strega o degli orchi nel medioevo ormai);
nel totale servilismo delle nostre istituzioni a tutti i livelli e nell'incapacità delle amministrazioni di prendere in mano la situazione (che ci vanno a fare a governare?)
Attraverso tutto questo ed altro ancora siamo passati e ci siamo sporcati le mani, senza chiedere NULLA in cambio, solo per amore della giustizia, quella vera. Per essere un pò più sovrani, un pò più degni e rispettati.

Aspettando con speranza che venga la fine del cattivo regno, continuiamo a servire la nostra comunità.

Venite a trovarci allo sportello per la cittadinanza attiva al Comune di Cori il giovedì mattina dalle 9:30 alle 13:00 per presentare il reclamo di rimborso edecurtare dalle bollette il pizzo del 7 %.

Un bel tratto di via è sgombro, ora c'è più spazio per tutti, ma il cammino è ancora lungo.






giovedì 24 gennaio 2013

L'Authority approva la nuova tariffa dell'acqua in violazione del referendum


Tratto da: http://www.acquabenecomune.org/raccoltafirme/index.php?option=com_content&view=article&id=1827:lauthority-approva-la-nuova-tariffa-dellacqua-in-violazione-del-referendum&catid=53&Itemid=67
COMUNICATO STAMPA

 Dal decreto di Ferragosto alla tariffa di Capodanno. Ovvero come uccidere la Democrazia durante le vacanze

Il 28 Dicembre 2012 l'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas ha approvato il nuovo Metodo Tariffario Transitorio 2012-2013 per il Servizio idrico Integrato sancendo, nei fatti, la negazione dei Referendum del Giugno 2011, con cui 27 milioni di cittadini italiani si erano espressi per una gestione dell'acqua che fosse pubblica e fuori dalle logiche di mercato.
Già il Governo Berlusconi, solo due mesi dopo i referendum, aveva varato un decreto che, reintroducendo sostanzialmente la stessa norma abrogata, avrebbe portato alla privatizzazzione dei servizi pubblici locali. Tale decreto è stato poi dichiarato incostituzionale.
In egual modo l'Autorità vara una tariffa che nega, nello specifico, il secondo referendum sulla remunerazione del capitale e lascia che si possano fare profitti sull'acqua, cambiando semplicemente la denominazione in “costo della risorsa finanziaria”, ma non la sostanza: profitti garantiti in bolletta.
Ma fa anche di peggio.
Infatti, il nuovo metodo tariffario, metterà a rischio gli investimenti per la gestione del servizio idrico integrato più di quanto già non accada attualmente. Ciò avverrà perché in un sistema che si basa sul ricorso al mercato creditizio, se si allunga il periodo di ammortamento dei cespiti si ha una conseguente riduzione delle aliquote annue con un impatto negativo sui flussi di cassa, creando, così, un rischio elevato nel reperimento delle risorse finanziarie.
Ciò è particolarmente grave visto che il servizio idrico integrato abbisogna di ingenti investimenti nei prossimi anni (alcune stime parlano di circa 2 miliardi di € l'anno per i prossimi 20/30 anni).
L'Autorità, in un contesto dove il Governo tecnico di Monti ha rafforzato un' impostazione neoliberista e di privatizzazione dei beni comuni, che conferma e ripropone nella sua agenda per il prossimo governo, si nasconde dietro una deliberazione amministrativa per affermare una ricetta politica che vuole speculare sui servizi pubblici essenziali, a partire dall'acqua.
Dietro le manovre tecniche si afferma, inoltre, una sospensione democratica gravissima a danno di tutti noi.
Per questo vogliamo che il nuovo metodo tariffario venga ritirato e chiediamo le dimissioni dei membri dell'Autorità. E, chiaramente, non ci fermeremo ad elemosinare concessioni ma ci batteremo finchè questo non avverrà e venga ristabilità la volontà popolare.

Perchè si scrive acqua, si legge democrazia, e vogliamo ripubblicizzare entrambe.
Per questo i comitati di tutta Italia saranno mobilitati nelle giornate del 25-26 gennaio. Guarda tutti gli appuntamenti
Roma, 29 Dicembre 2012.
Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua

sabato 5 gennaio 2013

Benvenuta GDO, addio economia locale


Benvenuta GDO, addio economia locale

di Antonio Todini

La suprema GDO, la Grande Distribuzione Organizzata che vide i suoi natali nel primo ottocento dello scorso millennio, con i suoi TIR carichi di imballaggi e memorie di alimenti, è finalmente installata nel nostro sistema economico locale nella sua forma contemporanea: la catena di supermercati. Tale fatto risponde perfettamente alle esigenze indotte dalle impressioni di risparmio derivanti dal fare la spesa in un grande magazzino. Di per sé l'idea è buona, quella di un luogo dove trovare ogni sorta di derrata alimentare. Ma di fatti il mercato è esattamente questo: una piazza, un incrocio, una stazione lungo una via. Se conosciamo la storia sapremo che per l'economia la via di comunicazione è fondamentale: dalla transumanza dei tratturi al traffico pesante delle autostrade. Sappiamo anche che nessun centro abitato, salvo casi assai rari, può essere isolato, senza vie di comunicazione. Tutte le grandi civiltà stanziali che oggi conosciamo, dalla Mesopotamia di 5000 anni fa, fino ai giorni nostri , si reggono e si sono sviluppate grazie alle vie di comunicazione.
L'idea di un moderno Marco Polo, quale mercante viaggiatore, mi sembra si possa accostare ad un autotrasportatore intercontinentale che col suo camion attraversa l'Eurasia; con la differenza che le poche stazioni di sosta sulla via della seta del gruppo di esploratori, fatte di ristori e di piccoli, medi e grandi centri abitati, oggi si snodino sotto forma di autogrill e motel come non luoghi da vivere in solitudine, o in due per darsi il cambio alla guida.
L'economia negli ultimi millenni si è sviluppata e retta su poche fasi fondamentali: produzione-(trasformazione e conservazione)-distribuzione-utilizzo-smaltimento. Oggi queste fasi ci sono ancora, ma cosa vuol dire crisi economica rispetto a questo schema semplice e basilare? Significa che questa catena di relazioni assai più complessa di come qui l'abbiamo schematizzata, si è in qualche modo inceppata e in misura sempre crescente. Il vizio per di più nord-occidentale del “vivere al di sopra delle proprie possibilità” ed incentivare con le proprie risorse gli stessi circuiti economici che ci depauperano, succhiandoci via risorse e vita senza esagerare, ci ha portato oggi a vivere quartieri-dormitorio dove le botteghe hanno chiuso e chiuderanno ancora, in città dove si sta ammassati dentro quattro mura mentre montagne di plastica si accalcano nei fossi e ai lati delle strade.
Ci piace maturare un interesse sempre maggiore dai nostri conti bancari, ma non ci piace vedere da cosa vengano i proventi dell'usura legale, come il traffico di armi ed ogni tipo di cose immonde, questo perché un paio di banconote ci coprono gli occhi. Allo stesso modo ci piace (?) manovrare un carrello tra scaffali di razioni alimentari, segno lampante della nostra dipendenza dall'esterno in un'economia di guerra. Ed è proprio dalla guerra che si parte per la ricostruzione, attraverso la disgregazione fisica e morale di una comunità, provocata in tempi relativamente recenti dall'invasione americana nel nostro territorio, che ad esempio ricordiamo ci ha tolto la produzione della nostra canapa, in favore dell'importazione del loro cotone. Contando anche le 107 basi americane attualmente presenti sul nostro territorio viene da chiedersi: chi è che comanda in Italia?
Mentre ci avveleniamo con prodotti scadenti che invece di nutrirci, avvelenano noi e i nostri familiari, le multinazionali dell'aspartame e degli OGM ci ingrassano come polli di batteria, circa 3.200 famiglie che nella sola Cori versano alla GDO mensilmente all'incirca 1 MILIONE di Euro!!! Questi gli incassi mensili dei supermercati dei dintorni secondo una stima per difetto effettuata su dati ISTAT. Oltre a rovinarci la salute (scelta legittima se ricade sul singolo cosciente...), fare la spesa nel supermercato ci rovina il resto della vita sociale perché uccide letteralmente l'economia locale: nel raggio di alcuni chilometri da un centro commerciale alimentari e botteghe che prima campicchiavano hanno chiuso e chiuderanno ancora, dato che ogni anno 12 MILIONI di Euro se ne vanno letteralmente dal circuito territoriale esportati dai supermercati fuori dal paese e per gran parte fuori dall'Italia.
Se la popolazione attiva del luogo non si riconosce come comunità e non rinnova un sano senso di appartenenza l'attuale disastro diventerà apocalissi sociale e tutto ciò è avvertibile oramai a livelli allarmanti. Questa malsana rapina provoca e aumenta il senso di infinita tristezza che si può leggere negli occhi di una cassiera sottopagata, anche se dotata di sorriso-aziendale. L'evidenza della pochezza di questo sistema distributivo-distruttivo, sta nei capi chini dei “consumatori” in ricezione alla cassa delle loro razioni di cibo in scatola e in PET da riporre nelle buste che magari però sono biodegradabili...a differenza del loro contenuto. Quel mercato rionale un tempo cuore pulsante della vita sociale di un Paese, dove si poteva restare ore a parlare con un mercante o un bottegaio oggi è trasformato in code alla cassa, così come tutta la nostra vita rischia ogni giorno di più di essere solo una coda taciturna e tendenzialmente antisociale: al casello, alle poste, alla banca, ai seggi...eppure basterebbe tanto poco buon senso: un minimo di auto produzione; consumi dignitosi senza sprechi, meglio se locali; mettere i soldi in banche dove non si investe in cose che non faremmo noi stessi come staccare le braccia di bambini con le mine antiuomo; amore per la terra e per la vita. Non è la ricetta per la felicità, ma di sicuro si starebbe più sereni con quel briciolo di umiltà che porterebbe la coscienza anche di questi meccanismi. Buona fine...e buon principio.