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sabato 5 gennaio 2013

Benvenuta GDO, addio economia locale


Benvenuta GDO, addio economia locale

di Antonio Todini

La suprema GDO, la Grande Distribuzione Organizzata che vide i suoi natali nel primo ottocento dello scorso millennio, con i suoi TIR carichi di imballaggi e memorie di alimenti, è finalmente installata nel nostro sistema economico locale nella sua forma contemporanea: la catena di supermercati. Tale fatto risponde perfettamente alle esigenze indotte dalle impressioni di risparmio derivanti dal fare la spesa in un grande magazzino. Di per sé l'idea è buona, quella di un luogo dove trovare ogni sorta di derrata alimentare. Ma di fatti il mercato è esattamente questo: una piazza, un incrocio, una stazione lungo una via. Se conosciamo la storia sapremo che per l'economia la via di comunicazione è fondamentale: dalla transumanza dei tratturi al traffico pesante delle autostrade. Sappiamo anche che nessun centro abitato, salvo casi assai rari, può essere isolato, senza vie di comunicazione. Tutte le grandi civiltà stanziali che oggi conosciamo, dalla Mesopotamia di 5000 anni fa, fino ai giorni nostri , si reggono e si sono sviluppate grazie alle vie di comunicazione.
L'idea di un moderno Marco Polo, quale mercante viaggiatore, mi sembra si possa accostare ad un autotrasportatore intercontinentale che col suo camion attraversa l'Eurasia; con la differenza che le poche stazioni di sosta sulla via della seta del gruppo di esploratori, fatte di ristori e di piccoli, medi e grandi centri abitati, oggi si snodino sotto forma di autogrill e motel come non luoghi da vivere in solitudine, o in due per darsi il cambio alla guida.
L'economia negli ultimi millenni si è sviluppata e retta su poche fasi fondamentali: produzione-(trasformazione e conservazione)-distribuzione-utilizzo-smaltimento. Oggi queste fasi ci sono ancora, ma cosa vuol dire crisi economica rispetto a questo schema semplice e basilare? Significa che questa catena di relazioni assai più complessa di come qui l'abbiamo schematizzata, si è in qualche modo inceppata e in misura sempre crescente. Il vizio per di più nord-occidentale del “vivere al di sopra delle proprie possibilità” ed incentivare con le proprie risorse gli stessi circuiti economici che ci depauperano, succhiandoci via risorse e vita senza esagerare, ci ha portato oggi a vivere quartieri-dormitorio dove le botteghe hanno chiuso e chiuderanno ancora, in città dove si sta ammassati dentro quattro mura mentre montagne di plastica si accalcano nei fossi e ai lati delle strade.
Ci piace maturare un interesse sempre maggiore dai nostri conti bancari, ma non ci piace vedere da cosa vengano i proventi dell'usura legale, come il traffico di armi ed ogni tipo di cose immonde, questo perché un paio di banconote ci coprono gli occhi. Allo stesso modo ci piace (?) manovrare un carrello tra scaffali di razioni alimentari, segno lampante della nostra dipendenza dall'esterno in un'economia di guerra. Ed è proprio dalla guerra che si parte per la ricostruzione, attraverso la disgregazione fisica e morale di una comunità, provocata in tempi relativamente recenti dall'invasione americana nel nostro territorio, che ad esempio ricordiamo ci ha tolto la produzione della nostra canapa, in favore dell'importazione del loro cotone. Contando anche le 107 basi americane attualmente presenti sul nostro territorio viene da chiedersi: chi è che comanda in Italia?
Mentre ci avveleniamo con prodotti scadenti che invece di nutrirci, avvelenano noi e i nostri familiari, le multinazionali dell'aspartame e degli OGM ci ingrassano come polli di batteria, circa 3.200 famiglie che nella sola Cori versano alla GDO mensilmente all'incirca 1 MILIONE di Euro!!! Questi gli incassi mensili dei supermercati dei dintorni secondo una stima per difetto effettuata su dati ISTAT. Oltre a rovinarci la salute (scelta legittima se ricade sul singolo cosciente...), fare la spesa nel supermercato ci rovina il resto della vita sociale perché uccide letteralmente l'economia locale: nel raggio di alcuni chilometri da un centro commerciale alimentari e botteghe che prima campicchiavano hanno chiuso e chiuderanno ancora, dato che ogni anno 12 MILIONI di Euro se ne vanno letteralmente dal circuito territoriale esportati dai supermercati fuori dal paese e per gran parte fuori dall'Italia.
Se la popolazione attiva del luogo non si riconosce come comunità e non rinnova un sano senso di appartenenza l'attuale disastro diventerà apocalissi sociale e tutto ciò è avvertibile oramai a livelli allarmanti. Questa malsana rapina provoca e aumenta il senso di infinita tristezza che si può leggere negli occhi di una cassiera sottopagata, anche se dotata di sorriso-aziendale. L'evidenza della pochezza di questo sistema distributivo-distruttivo, sta nei capi chini dei “consumatori” in ricezione alla cassa delle loro razioni di cibo in scatola e in PET da riporre nelle buste che magari però sono biodegradabili...a differenza del loro contenuto. Quel mercato rionale un tempo cuore pulsante della vita sociale di un Paese, dove si poteva restare ore a parlare con un mercante o un bottegaio oggi è trasformato in code alla cassa, così come tutta la nostra vita rischia ogni giorno di più di essere solo una coda taciturna e tendenzialmente antisociale: al casello, alle poste, alla banca, ai seggi...eppure basterebbe tanto poco buon senso: un minimo di auto produzione; consumi dignitosi senza sprechi, meglio se locali; mettere i soldi in banche dove non si investe in cose che non faremmo noi stessi come staccare le braccia di bambini con le mine antiuomo; amore per la terra e per la vita. Non è la ricetta per la felicità, ma di sicuro si starebbe più sereni con quel briciolo di umiltà che porterebbe la coscienza anche di questi meccanismi. Buona fine...e buon principio.

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